Se il Paese annaspa sulla mappa delle competenze

Italia in linea con l’Europa per maturità digitale, ma spesso manca un master data unico per le funzioni. Le rilevazioni della HR Digital Survey firmata Mercer

Prendete 120 Direttori delle Risorse Umane di aziende da oltre 500 dipendenti e fatturato sopra i 500milioni di euro. Chiedete loro a che stadio si trova l’organizzazione in cui operano su temi come digital strategy, digital impact, digital hr technology. Raccogliete i risultati, mappateli ed avrete in mano la cartina al tornasole dell’affermazione del digitale nel nostro Paese. Con un dilemma di fondo: a che punto sono le organizzazioni italiane nella scala del digitale a 360gradi? Stiamo ancora decidendo se e come avviare la trasformazione, o vediamo già qualche risultato pratico? “Still transforming, or already performing?” direbbero gli anglosassoni. E proprio questo è il titolo proposto per l’ultima HR Digital Survey firmata Mercer, che fotografa un allineamento del nostro Paese rispetto alla linea europea rispetto a maturità digitale, ma anche un contesto di organizzazioni in affanno sul fronte della mappatura dei ruoli.

Ma andiamo con ordine. Tante, troppe fonti insistono sul digital divide che ci dividerebbe dal resto del continente – e del mondo. Hanno torto: a fronte di un indice UE di 3,47 (quello della maturità digitale), il nostro Paese tocca quota 3,44. Per la prima volta non siamo fanalino di coda. E’ un buon inizio, soprattutto se pensiamo che siamo partiti in ritardo rispetto al trend globale (e questo, purtroppo, seguita a non stupire). I nostri HR stanno recuperando terreno, quindi, ed anche questa è un’ottima notizia. Dalla quale deriva la constatazione che l’Italia, piuttosto che decidere se seguire l’onda lunga del digitale, se non altro ha già intrapreso questa via. Più che di corsa, si tratta di una rincorsa, della necessità di recuperare, certo. Di accelerare facendo leva sull’innovazione che ormai la fa da padrone sui mercati. Da dove passerà la nostra innovazione? L’HR risponderebbe: dalla capacità di conoscere le persone. Di mappare le competenze presenti in azienda (e prendere atto di quelle assenti). Di individuare nuove skills, o revitalizzare quelle già attive.

Ora, questi principi, una volta applicati al digitale, portano con sé tutta una serie di considerazioni ulteriori. Per una digital strategy aziendale che viene messa a punto, sorge subito il problema della comunicazione interna. Raccontare all’organizzazione i nuovi strumenti, le funzionalità e le potenzialità. Su questo non si può in alcun modo soprassedere, perché un’errata comunicazione può mandare in pezzi anche la migliore delle strategie, con i più solidi dei contenuti. Comunicazione chiama in causa coinvolgimento. Anche perché una trasformazione è vera solo se condivisa da tutti, Top Management (come caso esemplare) in primissima linea. Ancora, per essere efficace, la digital strategy deve raccordarsi alla strategia complessiva dell’azienda. Deve esserci una contaminazione reciproca. E qui iniziano le note dolenti rilevate da Mercer: solo il 6% del campione italiano può testimoniare che nella sua organizzazione le due strategie “si parlano”.

Forse dipende dal fatto che in Italia, diversamente da quanto accade in Europa, la digitalizzazione parte dalle Operations (cioè, dal business), per poi propagarsi alle altre funzioni (HR, eccetera). Nell’Unione, la trasformazione si muove in maniera più sistemica, e coinvolge al contempo tutta la filiera del valore, accorciando di molto la distanza dal cliente. Va da sé che, per quanto riguarda il nostro Paese in generale, e l’HR in particolare, digitalizzare diventa una necessità ancor più pressante. Perché non farlo significa mettere ulteriore distanza dal business. E infatti, nelle prime 10 aziende a maggior indice di maturità digitale, Mercer registra per l’HR una riduzione del 20% nello sforzo di gestione di attività routinarie. Tempo e valore che potrebbe essere capitalizzato su attività strategiche di people caring. Ma quella del people caring è una via che impone la necessità di cui parlavamo più sopra: conoscere le proprie persone, conoscerle anche in maniera analitica.

Il che significa: utilizzare le tecnologie HR per costruire master data univoci, rappresentativi ed integrati tra le funzioni, che mettano le Risorse Umane in condizione di prendersi cura delle risorse, profilate e segmentate in base ai loro specifici bisogni. Learning achievity, la chiamano gli specialisti. Per noi, è la nuova sfida delle competenze, quella che ci metterà in condizione di affinare il talento italiano.