Il Competence Shortage
in Italia secondo OECD
Stando alle stime dell’ultimo rapporto “Getting Skills Right: Italy”, firmato OECD e realizzato per individuare gli indicatori che misurano la skills shortage ed il surplus in base a dati relativi a cinque sotto-indici...
Stando alle stime dell’ultimo rapporto “Getting Skills Right: Italy”, firmato OECD e realizzato per individuare gli indicatori che misurano la skills shortage ed il surplus in base a dati relativi a cinque sotto-indici (aumento dei salari, aumento dell'occupazione, aumento delle ore lavorate, tasso di disoccupazione, crescita del fenomeno della sotto-qualificazione), il nostro Paese si trova in una fase di low-skills equilibrium, in cui offerta e domanda di competenze tendono ad appiattirsi verso il basso in un circolo vizioso che ha profonde (e negative) ripercussioni sulla produttività, sulla crescita e sull’utilizzo di nuove tecnologie. Si tratta, peraltro, di una situazione in cui alla scarsa offerta di competenze si affianca una debole domanda da parte delle imprese.
Al netto di tutto questo, nel mercato del lavoro italiano esistono categorie di professionisti, nello specifico quelli dotati di conoscenze informatiche, gli esperti di tecnologie digitali, i profili skillati in aree mediche ed ingegneristiche, che risultano in un certo senso “premiati” (sia in termini di occupazione che di salari) con performance decisamente sopra la media. Purtroppo, però, la domanda di high skills rimane ad oggi ancora troppo debole e circoscritta alle richieste delle big, ovvero le grandi imprese italiane o multinazionali aventi sedi nel nostro Paese. Per il resto, stiamo parlando di una filiera composta per l’85% di pmi, che tende e seguita a focalizzarsi su comparti ed attività più “tradizionali”, a bassa produttività, e che di conseguenza presenta una domanda di competenze di alto livello ben più contenuta.
È, questo, uno degli indizi forse più palesi dello skills mismatch all’italiana. Una dinamica che fotografa il disallineamento delle competenze del lavoratore con quelle richieste dal mercato o dall’organizzazione per compiere uno specifico lavoro. L’OECD stima che almeno 6 lavoratori su 100 possiedano competenze decisamente più basse rispetto a quelle tendenzialmente richieste dalle mansioni che ogni giorno svolgono. Dall’altro lato della barricata, stanno i lavoratori con competenze in eccesso (11,7%) e quelli sovra-qualificati (18%), che invece rappresentano, oltre ad una fonte importante di potenziale (purtroppo inespresso), anche una parte sostanziale della forza lavoro del nostro Paese. Con un ultimo insight non da poco: secondo il report comunitario, un buon 35% dei lavoratori risulta essere occupato in un settore che non ha direttamente (o non ha affatto) a che vedere col proprio percorso di studi.