La Top10 delle competenze sul lavoro

Oltre le life skills OMS: il decalogo proposto dal World Economic Forum

C’era una volta il 1994. Quello dell’inaugurazione del Tunnel della Manica, dell’entrata in vigore del North American Free Trade Agreement-NAFTA, e dell’elezione di Nelson Mandela a Presidente del Sudafrica. Ma si tratta anche dell’anno in cui l’Organizzazione Mondale della Sanità conia il termine “life skills”, per indicare quell’insieme di competenze che di fatto facilitano il benessere della persona e della società più in generale. Competenze che, purtroppo, sono spesso totalmente al di fuori del sistema scolastico tradizionale. A distanza di 25 anni, in un mondo che investe sempre più in skills differenti da quelle definite “hard”, il cosiddetto sapere tecnico-specialistico, e che strizza l’occhio verso competenze soft, trasversali, il World Economic Forum ripropone ed aggiorna un accento rivolto, più che “sull’addestramento del professionista”, all’apprendimento ed allo sviluppo della persona. Un appello che impatta certamente sull’HR, chiamato a governare una rivoluzione di approccio al capitale umano, ma anche e soprattutto sui singoli individui, che oggi più che mai al “sapere” e saper fare” devono affiancare il “saper diventare” e “saper sapere”.

In un mercato in continua evoluzione, all’interno del quale la necessità più pressante non è più rappresentata soltanto dal possedere competenze, ma anche dall’aggiornarle continuativamente, prepararsi al mondo del lavoro o restare al passo con esso in maniera competitiva significa aver consolidato skills tecniche, ma soprattutto essersi dotati di un bagaglio di altre competenze più trasversali. Le uniche in grado di fare la differenza a livello personale e professionale. Vediamo la Top10 stilata dal WEF.

1. Problem solving in contesti complessi. Flessibilità, adattività rispetto a contesti complicati, capacità di lettura previsionale. Comprendere, gestire e risolvere problemi, tendenzialmente di qualunque natura ed in tempi rapidi, è oggi un “must”.

2. Pensiero critico. Il saper analizzare e valutare rapidamente le situazioni in cui ci si trova (o nelle quali ci si sta per trovare). Chiama in causa la padronanza di un’ottima capacità di osservazione ed ascolto, come basi per la costruzione di un’esperienza che il singolo può rielaborare ed adattare alle situazioni con chiarezza, precisione ed accuratezza.

3. Creatività. Se soltanto guardiamo all’emergere del fenomeno delle start-up, non ci risulterà difficile capire come oggi la differenza venga di fatto rimarcata sul mercato, nel lavoro e nella vita dalla capacità di pensare “out-of-the-.box”, cioè al di fuori dei paradigmi usuali. Complice anche la contrazione economica dei mercati, questa nuova “arte dell’arrangiarsi” (in positivo) fa spesso il paio in azienda con il tema dell’inserimento dei giovani, portatori di una visione nuova, più scevra di stereotipi, a volte totalmente disruptive.

4. People management. Saper gestire le persone non significa soltanto avere la capacità di organizzare il lavoro di un team. Significa soprattutto essere in grado di generare motivazione, valorizzazione delle risorse. E’ qualcosa che richiede molto tempo ed una buona dose di intelligenza emotiva. Ed è qualcosa che ha molto a che vedere sia con l’efficacia delle decisioni prese che col principio della fiducia, considerato in termini di feedback da restituire alle persone.

5. Coordinamento. Essere un gruppo. Non solo un insieme di persone, ma un unicum in grado di organizzare il lavoro, definire priorità, fare squadra in modo sinergico per costruire davvero qualcosa. E’ la nobile (e tutt’altro che semplice) arte del bilanciamento tra impulso e rinuncia ad essere protagonista. Di accettare che il proprio contributo venga assorbito in positivo da un lavoro più grande e più ampio.

6. Intelligenza emotiva. Daniel Goleman ha costruito un impero (di libri, in prima battuta) sulla capacità trasversale di riconoscere, comprendere e gestire le emozioni. Le proprie, esattamente come quelle degli altri. Nella Top10 del WEF figura come voce singola, ma trattandosi della competenza trasversale per eccellenza possiamo trovarne frammenti praticamente in tutte le altre voci dell’elenco.

7. Decision making. Anche in questo caso abbiamo una skill “di confine”, nel senso che ne troviamo spunti anche nel people management. La capacità decisionale fa il paio, in un bravo manager, con l’abilità più empatica di condividere (e di ascoltare). Ma ha toni più strategici, perché presuppone l’essere in grado di giudicare correttamente al momento giusto.

8. Orientamento al servizio. Rendersi utili, mostrandosi al contempo premurosi, collaborativi ed inclini all’attenzione verso le esigenze altrui. Anche qui, una forte dose di empatia fa la differenza.

9. Negoziazione. Magari neanche ci facciamo caso. Ma ogni giorno ci troviamo a gestire una lunga lista di negoziati. A volte li risolviamo semplicemente ricorrendo al fiuto, al buon senso o ad esperienze pregresse più o meno simili. Ma questo non è esattamente negoziare. Per essere negoziatori dobbiamo affrontare ed analizzare le differenti situazioni in modo strategico.

10. Flessibilità. La troviamo su ogni annuncio di ricerca di personale che oggi ci capita a tiro. Non potrebbe essere altrimenti, considerata la rapidità di evoluzione del mercato del lavoro. In realtà, la flessibilità fa parte di quei “plus” da tenere in tasca ed usare all’occorrenza, in momenti particolari della nostra vita professionale e perfino personale. E’ un principio evolutivo, che fa sì che al mutare delle condizioni del sistema in cui viviamo, anche noi ri-orientiamo di conseguenza le nostre azioni per adattarci.